Skip to content

Musei delle Cose

September 15, 2012


Qualche tempo fa, ho passato un pomeriggio ad Atene, a gironzolare per le strade del centro. Casualmente mi sono trovato a visitare il Museo di Arte Popolare.  Le sale erano ricolme di oggetti e soprattutto abiti tradizionali com’è tipico delle collezioni etnografiche. All’ultimo piano c’era una grande sala popolata di manichini, come una sfilata degli abiti di tutte le province della Grecia.

Ma come sono selezionati questi oggetti? Si tratta per lo più di oggetti cerimoniali: abiti da matrimonio, gioielli, corredi. E anche gli oggetti di uso comune sono sempre straordinariamente raffinati e curati. Chi ha raccolto questi oggetti ha selezionato con due criteri: il bello e il tipico. Il bello perché, chi mai vorrebbe degli oggetti brutti. Il tipico, perché essi devono essere rappresentativi. Ciò che è esposto rappresenta, illustra, ciò che è fuori. Così, il museo racconta tipi attici, beoti, achei, cretesi… e per ogni paese i differenti strati sociali.

Del resto, non sono solo le classi sociali e la geografia ad essere così rarefatte, per tipi. La vita stessa delle persone è condensata nei suoi passaggi fondamentali: il matrimonio, le feste, l’eredità, il lavoro. Chi siamo in fondo? Siamo istanze di un tipo geografico e sociale, la nostra vita è scandita dalla nascita, le nozze, le feste, il lavoro. E’ giusto, è profondo, è vero. Tipizzare vuol dire far emergere il trend delle vite individuali dal rumore che turba la traiettoria.

Ma qualcosa mi mette sempre a disagio in queste collezione, dà la vertigine. Ha a che fare proprio con questa rarefazione, purificazioni, in fondo, della vita dal rumore bianco di tutti i giorni. La spiegherò partendo da una riflessione economica sulla scarsità. In un libro molto bello (femmes, greniers et capitaux), l’antropologo francese Claude Meillassoux esplora lo scambio delle donne in una società africana. Secondo lui, lo scambio di una ricchezza reale, come le donne, avviene attraverso un complicato sistema di contrassegni simbolici. Questi contrassegni simbolici sono prodotti e costruiti per rappresentare lo scambio delle ricchezze reali. La loro scarsità o abbondanza è sostanzialmente determinata socialmente, per evitare una sorta di inflazione dei contrassegni rispetto a ricchezze reali, più o meno costanti. In un modo meno esplicito, tutti gli oggetti cerimoniali e perfino l’elemento decorativo degli oggetti quotidiani, svolge una funzione simile a questi contrassegni descritti da Meillassoux.

Forse scivolo in una troppo netta distinzione fra struttura e sovrastruttura (con la corrispondente, ottocentesca, distinzione fra forma e funzione), ma l’inquietudine che provo nei musei di etnografia nasce da questo accumulo di oggetti con funzione simbolica, sottratti alla connessione funzionale col circuito dei bisogni materiali e dei servizi e delle relazioni di cui essi facevano parte,  e posti a rappresentare, al di fuori della società che li ha creati, la società stessa.

No comments yet

Leave a comment