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Il catalogo delle cose

May 30, 2012
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Oggi pensavo a un libro che avevo trovato casualmente in biblioteca durante gli anni dell’universita: La riforma del vocabolario secondo la gerarchia del concetto. L’autore, il “filosofo” Nicolò Licciardello, raccontava di aver collezionato fin dall’infazia innumerevoli vocabolari. Il suo pallino era quello di cercare le definizioni delle parole a ritroso fino ai più lontani principi. Ma i vocabolari l’avevano presto deluso. Risalendo da una definizione all’altra ci si rendeva semplicemente conto della loro circolarità o vaghezza. Con l’opera monumentale de La riforma etc. Licciardello voleva costruire un sistema che ricostruisse i vocabolari non secondo l’ordine lessicografico, ma secondo l’ordine gerarchico dei concetti, dai primi principii fino ai più minuti dettagli del quotidiano. In punto di morte, alla fine degli anni 1960, si era fatto perciò assegnare dall’università di Trieste un segretario che lo assistesse nel suo compito straordinario. Nel 1969, la morte interruppe la sua opera.
E pensavo a Niccolò Licciardello perché, sempre casualmente, ho trovato un quadernetto d’appunti dove mi ero segnato questo pensiero:

“Quanti si sono fino ad adesso occupati dei tentativi, ad esempio del progetto leibniziano, di creare un’algebra di tutte le cose, hanno messo in evidenza soprattutto l’aspetto della combinatoria, le regole sintattiche e il problema della produzione mediante nuove combinazioni, di nuova conoscenza. In realtà il problema essenziale di queste algebre è nella loro aderenza alle cose. Il passaggio mancante non sono tanto i principii primi o la capacità di scomporre le cose nelle loro proprietà fondamentali, o le regole di ricombinazione; il vero problema è proprio il catalogo delle cose. Vi è qui un paradosso, visto che tutto lo sforzo di costruire un’algebra è proprio mirato a liberare il filosofo dalla necessità di rivolgersi alle cose per conoscerle.

In realtà queste algebre non fanno che riproporre con il loro fallimento, il problema del catologo o dell’inventario delle cose. Inventario che inevitabilmente diventa smisurato. Ma il problema dell’inventario, concretamente, sotto la spinta di problemi pratici, si traduce nel problema di cosa e come inventariare al meglio. Il problema conoscitivo diventa diventa questione di mezzi per un fine”

Per qualche ragione, questo confuso sproloquio sta a commento di un passo di un libro che non so, ma forse è J. Scott, Seeing like a state, un libro molto bello:

“Administrative man recognizes that the world he perceives is a drastically simplified model of buzzing, blooming confusion that constitutes the real world. He is content with the gross simplification because he believes that the real world is mostly empty [anche perché non ha alternative visto il costo di acquisire e gestire informazioni], that most of the facts of the real world have no great relevance to any particular situation he is facing and thatmost significant chances of causes and consequences are short and simple [tanto corte e semplici quanto è necessario]”.

Il taccuino prosegue a parlare della pianificazione urbanistica.

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